ℒ'uranio ha due isotopi, il 235 e il 238, quello usato nei reattori a
fissione nucleare è il 235.
L'uranio naturale ha lo 0,73% di uranio 235. Per le centrali nucleari è necessario che l'uranio sia arricchito fino al 3%, cioè il 97% di uranio 238 e il rimanente di uranio 235.
L’Uranio non è quel materiale che si trova ovunque in abbondanza ma è una risorsa limitato come lo è il petrolio.
È un metallo piuttosto raro: a oggi, 2005, si conosce con precisione la localizzazione di 3 milioni e mezzo di tonnellate di uranio fissile, il 235, e si stima che ce ne siano altre 3 milioni tuttora ignote.
Sono tante? Sarebbero all’incirca il volume del cemento utilizzato per 280 Dighe di Hoover. Insomma, non tantissimo per essere il totale delle riserve utili planetarie.
A queste quantità possiamo aggiungerne ragionevolmente 5 milioni di tonnellate tra inestraibili, difficilmente sfruttabili o over-peak (oltre il picco di Hubbert). La quantità utile è quindi di 6.5 milioni di tonnellate.
Proviamo a suddividere le riserve note che sono 3.5 milioni di tonnellate:
Consumi
La sola Russia oggi richiede circa 4'600 tonnellate di uranio all’anno. Già oggi la richiesta nazionale è superiore alla produzione. Il mondo intero nell'anno 2000 produceva e consumava 68'000 tonnellate di uranio: servivano a coprire tra il 2.5 e il 6% del fabbisogno energetico mondiale (stima prudenziale e stima ottimistica) per un totale di 363 GigaWatt. Ma tra il 1999 e il 2000 la richiesta è aumentata di 6'000 tonnellate in più del normale andamento. Oggi, 2005, servono 84'000 tonnellate di uranio all’anno.
Per eseguire una stima suppongo che anche le 84 mila tonnellate di uranio consumate nel 2005 coprano tra il 2.5 e il 6% del fabbisogno energetico mondiale (stima prudenziale e stima ottimistica) come avveniva nell'anno 2000. In tal modo decuplicando il numero di centrali nucleari (420 nell'anno 2005) e cioè passando a 4 mila centrali atomiche verrebbe coperto tra il 25% e il 60% del fabbisogno energetico mondiale.
La decuplicazione del numero di centrali nucleari a uranio 235 avrebbe però l'effetto di fare durare le riserve note di 3.5 milioni di tonnellate, solo per 4 anni. In pratica l'Uranio 235 presente in natura è troppo poco per sostituire o integrare in modo significativo il petrolio.
Prezzo
Nel 1990 una tonnellata di uranio veniva venduta per 22'000 dollari. Nel gennaio 1996 costava 26'800 dollari. A dicembre 1996 valeva 35'600 dollari. Prezzi attualizzati 2005.
Oggi, 2005, il prezzo è tra i 60 e gli 80'000 dollari/tonnellata, il più alto da 15 anni.
Fonte L'indignato. Autore del post originale Jolly Roger. Licenza Creative Commons.
Interessante è lo studio dell'Energy watch group che fa una disamina dettagliata delle riserve minerarie di uranio e che propone la prospettiva che il picco dell'uranio sia già avvenuto o sia prossimo.
Reattori autofertilizzanti
Oltre ai reattori all'uranio 235 esistono i reattori all'uranio 238 o al torio i così detti reattori autofertilizzanti o reattori veloci che però sono reattori usati quasi esclusivamente a livello militare. Tali centrali nucleari usano plutonio per generare calore e usano uranio 238 come schermatura la quale si trasforma lentamente in plutonio quando colpita dai neutroni del reattore.
In pratica nei reattori autofertilizzanti viene generato più plutonio di quanto se ne consumi a partire dall'uranio più diffuso in natura, il 238.
In assenza di dati precisi si possono fare previsioni a spanne.
Un famoso reattore autofertilizzante è il francese Superfenix che ora ha chiuso i battenti. Non ho trovato molte notizie in rete su questo reattore avente avuto anche uso militare.
Il plutonio ha quasi immediati usi bellici, si tenga conto che 16 kg (anche 10 Kg) di tale metallo in forma sferica innesca una reazione nucleare a catena generando una quantità esplosiva di energia.
Secondo molte fonti avere un rettore a plutonio significa probabilmente avere la bomba atomica, quindi andare in questa direzione significa rendere potenze nucleari ogni nazione che adotti questi reattori.
Alcuni commenti trovati in Rete dicono che questa tecnologia non è matura e che occorre ancora tempo perché diventi una opportunità pratica.
Reattori a fusione
È un sistema per produrre energia che non aumenta l'effetto serra e che genera un quantitativo di scorie nucleari limitato e di breve durata (inferiore al secolo). Attualmente esiste solo un prototipo sperimentale chiamato progetto ITER che non genera alcuna energia ma che darà vita a un secondo prototipo chiamato DEMO. Per avere una centrale nucleare a fusione funzionante se ne riparla tra qualche decina d'anni.
Nel sito ufficiale di ITER si dice «Detailed plans exist for the construction, operation and decommissioning of ITER, and indicate that, if the ITER Organisation is established in 2006, the first plasma should be possible in ITER by the end of 2016». In pratica il primo plasma si avrà non prima del 2017 e non sarà un plasma che genera energia elettrica ma servirà solo per studiare la fusione nucleare.
Incidenti
Oltre a dati di natura tecnica ovvero la scarsità di uranio 235 e il suo costo e oltre a questioni di armamenti nucleari vi è la questione rischio che si traduce nel numero di morti attuali e futuri causati dall'incidente di Chernobyl.
Chernobyl
Ricorre in questi giorni il ventennale dell'incidente e tra il 1986 e il 2006 si sapeva ufficialmente che il numero di morti era stato di circa 4 mila, nel 2006 si scopre che la stima della mortalità da incidente è di mezzo milione in 20 anni.
Entrambe le fonti sono autorevoli, i 4 mila morti sono dichiarati dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea). Il mezzo milione di morti da un gruppo di ricercatori che hanno lavorato su incarico di gruppi del parlamento europeo, di Greenpeace e fondazioni mediche in Gran Bretagna, Germania, Ucraina e Scandinavia.
Il rapporto è stato visto e descritto dal quotidiano inglese The Guardian e fonti di lingua italiana hanno ripreso la notizia come La Stampa e Swiss info. In breve il rapporto è presente sul sito di Greenpeace oppure in lingua inglese è presente il rapporto lungo.
In questo anniversario segnalo altre fonti che si occupano di affermare la pericolosità del nucleare tramite numeri: Liberazione, Ticino on line.
Vari autori tra cui il sottoscritto tengono aggiornala la catastrofe di Chernobyl su wikipedia, segnalo un parte significativa e nascosta di quel testo che vede pure il mio contributo e che ho pubblicato come voce a se stante dal titolo Chernobyl che descrive i danni a lungo termine dell'incidente.
In particolare sembra certa la cifra di 270 mila casi dei soli tumori fra Ukraina, Bielorussia e Russia collegabili a Chernobyl. 93 mila riguardano persone destinate al decesso. Ma i tumori sono solo una delle tante malattie provocate dalla radioattività e dai radioisotopi. Ci sono inoltre gli aborti e ci sono le malformazioni. Poi ci sono i morti al di fuori delle tre nazioni più colpite.
Il problema della radioattività è che spesso si usano stime per contare i decessi in quanto la scienza non è in grado di comprendere se un tumore o una malattia è stata causata dalla radioattività o meno. Per esempio il giornale Ticino on line dice: «Secondo stime basate sui valori empirici rilevati a Hiroshima e Nagasaki, in Svizzera bisogna contare su un aumento di circa duecento decessi per cancro dovuti al'incidente di Chernobyl»
I morti causati dalla bomba atomica americana su Hiroshima sono pari a 200 mila ed è chiaro che siamo su queste cifre.
Oltre ai decessi le maestre e i professori ci ripetono che i bambini e i ragazzi di Chernobyl si stancano molto facilmente e sono di salute cagionevole. A lezione perdono facilmente la concentrazione stancandosi in fretta. È una constatazione di molti docenti che anche il livello intellettivo sia più basso in questi sfortunati ragazzi. Credo che anche questo vada messo nel computo del danno delle radiazioni. Anche se non sono aspetti misurabili si tratta pur sempre di sofferenza umana. È una o più generazioni segnata dall'incidente, i loro figli non si sa come saranno.
Il banner a fianco è una locandina tratta dallo speciale di Greenpeace su una mostra fotografica dedicata anche alla catastrofe. «Il fotografo Robert Knoth, insieme alla giornalista Antoinette de Jong e in collaborazione con Greenpeace, ha realizzato quattro reportage fotografici in altrettante aree colpite da incidenti e contaminazioni nucleari dell'ex Unione Sovietica. A vent'anni dal disastro di Cernobyl, la mostra evidenzia come questa tragedia non abbia rappresentato un fatto isolato e si inserisce nel dibattito attuale sulla necessità di garantire l'approvvigionamento energetico per il futuro».
Leucemia sui bambini
Secondo diversi studi chi abita nelle vicinanze di centrali atomiche ha più probabilità di vedere i propri figli ammalarsi di leucemia. L'ultimo studio che conferma altri studi riguarda la Germania, l'università di Magonza per conto dell'Ufficio federale per la protezione dalle radiazioni ha rilevato che in un raggio di 5 Km dalla centrale si sono ammalati di leucemia 37 bambini con età inferiore ai 5 anni contro una previsione di 17.
La notizia è stata riportata dalla "Sueddeutsche Zeitung" e in Italiano dall'agenzia AGI (qui).
I ricercatori affermano:
«Il nostro studio ha confermato che esiste un legame tra la vicinanza di un'abitazione ad una centrale nucleare e l'insorgenza del cancro, in particolare della leucemia, in bambini di età inferiore a cinque anni»
Quel che si evince dalle fonti di informazione è che altri studi rilevano questa dipendenza e che l'università di Mongoza abbia confermati gli studi precedenti.
Secondo uno degli autori dello studio, il rischio accresciuto per un bambino di venire colpito dal cancro è reale anche in un raggio di 50 km dal reattore nucleare.
Facendo una ricerca degli articoli epidemiologici che analizzano il numero di decessi per leucemia rispetto alla media, si trovano diversi risultati oltre la media.
Per esempio nell'impianto nucleare di Krümmel si è trovato un tasso molto più elevato della media di bambini sotto i 5 anni morti per leucemia. Uno studio conferma perdite radioattive dalla centrale: «Exceptional elevation of children's leukemia appearing 5 years after the 1983 startup of the Krümmel nuclear power plant, accompanied by a significant increase of adult leukemia cases, led to investigations of radiation exposures of the population living near the plant.»
Un cluster di leucemie infantili si trova pure a Sellafield dove si trova un impianto nucleare. Per avere una casistica completa si cerchi con Google/Scholar.
Molti impianti nucleari sono stati esaminati e nella maggior parte dei casi non si sono trovati risultati anormali.
L'uranio naturale ha lo 0,73% di uranio 235. Per le centrali nucleari è necessario che l'uranio sia arricchito fino al 3%, cioè il 97% di uranio 238 e il rimanente di uranio 235.
L’Uranio non è quel materiale che si trova ovunque in abbondanza ma è una risorsa limitato come lo è il petrolio.
È un metallo piuttosto raro: a oggi, 2005, si conosce con precisione la localizzazione di 3 milioni e mezzo di tonnellate di uranio fissile, il 235, e si stima che ce ne siano altre 3 milioni tuttora ignote.
Sono tante? Sarebbero all’incirca il volume del cemento utilizzato per 280 Dighe di Hoover. Insomma, non tantissimo per essere il totale delle riserve utili planetarie.
A queste quantità possiamo aggiungerne ragionevolmente 5 milioni di tonnellate tra inestraibili, difficilmente sfruttabili o over-peak (oltre il picco di Hubbert). La quantità utile è quindi di 6.5 milioni di tonnellate.
Proviamo a suddividere le riserve note che sono 3.5 milioni di tonnellate:
Nazione | Tonnnellate di U235 | Percentuale mondiale |
Australia | 1'074'000 | 30% |
Kazakhstan | 622'000 | 17% |
Canada | 439'000 | 12% |
South Africa | 298'000 | 8% |
Namibia | 213'000 | 6% |
Brazil | 143'000 | 4% |
Russian Fed. | 158'000 | 4% |
USA | 102'000 | 3% |
Uzbekistan | 93'000 | 3% |
Consumi
La sola Russia oggi richiede circa 4'600 tonnellate di uranio all’anno. Già oggi la richiesta nazionale è superiore alla produzione. Il mondo intero nell'anno 2000 produceva e consumava 68'000 tonnellate di uranio: servivano a coprire tra il 2.5 e il 6% del fabbisogno energetico mondiale (stima prudenziale e stima ottimistica) per un totale di 363 GigaWatt. Ma tra il 1999 e il 2000 la richiesta è aumentata di 6'000 tonnellate in più del normale andamento. Oggi, 2005, servono 84'000 tonnellate di uranio all’anno.
Per eseguire una stima suppongo che anche le 84 mila tonnellate di uranio consumate nel 2005 coprano tra il 2.5 e il 6% del fabbisogno energetico mondiale (stima prudenziale e stima ottimistica) come avveniva nell'anno 2000. In tal modo decuplicando il numero di centrali nucleari (420 nell'anno 2005) e cioè passando a 4 mila centrali atomiche verrebbe coperto tra il 25% e il 60% del fabbisogno energetico mondiale.
La decuplicazione del numero di centrali nucleari a uranio 235 avrebbe però l'effetto di fare durare le riserve note di 3.5 milioni di tonnellate, solo per 4 anni. In pratica l'Uranio 235 presente in natura è troppo poco per sostituire o integrare in modo significativo il petrolio.
Prezzo
Nel 1990 una tonnellata di uranio veniva venduta per 22'000 dollari. Nel gennaio 1996 costava 26'800 dollari. A dicembre 1996 valeva 35'600 dollari. Prezzi attualizzati 2005.
Oggi, 2005, il prezzo è tra i 60 e gli 80'000 dollari/tonnellata, il più alto da 15 anni.
Fonte L'indignato. Autore del post originale Jolly Roger. Licenza Creative Commons.
Interessante è lo studio dell'Energy watch group che fa una disamina dettagliata delle riserve minerarie di uranio e che propone la prospettiva che il picco dell'uranio sia già avvenuto o sia prossimo.
Reattori autofertilizzanti
Oltre ai reattori all'uranio 235 esistono i reattori all'uranio 238 o al torio i così detti reattori autofertilizzanti o reattori veloci che però sono reattori usati quasi esclusivamente a livello militare. Tali centrali nucleari usano plutonio per generare calore e usano uranio 238 come schermatura la quale si trasforma lentamente in plutonio quando colpita dai neutroni del reattore.
In pratica nei reattori autofertilizzanti viene generato più plutonio di quanto se ne consumi a partire dall'uranio più diffuso in natura, il 238.
In assenza di dati precisi si possono fare previsioni a spanne.
Usate le informazioni di Jolly Roger qui sopra si ha con approssimazione che circa il 40% (25%-60%) del consumo energetico mondiale è coperto con 840 mila ton di U235. Visto che l'uranio naturale ha lo 0,73% di uranio 235 e supposto che i reattori veloci e quelli lenti abbiano la stessa efficienza, si ha che:Quindi in assenza di petrolio l'uranio naturale permette di essere autosufficienti per 400 anni tramite i reattori a plutonio. Ma si tratta di un tentativo di capire l'ordine di grandezza.
1) le riserve note più quelle da scoprire sono pari a 6.5 milioni di ton / 0.0073 = 890 milioni di ton di uranio naturale
2) l'intero fabbisogno energetico mondiale che sostituisce tutto il petrolio è pari a 840 mila ton / 0.40 = 2.1 milioni ton
Quindi in assenza di petrolio l'uranio naturale permette di essere autosufficienti per 890 milioni di ton / 2.1 milioni di ton = 424 anni.
Un famoso reattore autofertilizzante è il francese Superfenix che ora ha chiuso i battenti. Non ho trovato molte notizie in rete su questo reattore avente avuto anche uso militare.
Il plutonio ha quasi immediati usi bellici, si tenga conto che 16 kg (anche 10 Kg) di tale metallo in forma sferica innesca una reazione nucleare a catena generando una quantità esplosiva di energia.
Secondo molte fonti avere un rettore a plutonio significa probabilmente avere la bomba atomica, quindi andare in questa direzione significa rendere potenze nucleari ogni nazione che adotti questi reattori.
Alcuni commenti trovati in Rete dicono che questa tecnologia non è matura e che occorre ancora tempo perché diventi una opportunità pratica.
Reattori a fusione
È un sistema per produrre energia che non aumenta l'effetto serra e che genera un quantitativo di scorie nucleari limitato e di breve durata (inferiore al secolo). Attualmente esiste solo un prototipo sperimentale chiamato progetto ITER che non genera alcuna energia ma che darà vita a un secondo prototipo chiamato DEMO. Per avere una centrale nucleare a fusione funzionante se ne riparla tra qualche decina d'anni.
Nel sito ufficiale di ITER si dice «Detailed plans exist for the construction, operation and decommissioning of ITER, and indicate that, if the ITER Organisation is established in 2006, the first plasma should be possible in ITER by the end of 2016». In pratica il primo plasma si avrà non prima del 2017 e non sarà un plasma che genera energia elettrica ma servirà solo per studiare la fusione nucleare.
Kensan.it
Incidenti
Oltre a dati di natura tecnica ovvero la scarsità di uranio 235 e il suo costo e oltre a questioni di armamenti nucleari vi è la questione rischio che si traduce nel numero di morti attuali e futuri causati dall'incidente di Chernobyl.
Chernobyl
Ricorre in questi giorni il ventennale dell'incidente e tra il 1986 e il 2006 si sapeva ufficialmente che il numero di morti era stato di circa 4 mila, nel 2006 si scopre che la stima della mortalità da incidente è di mezzo milione in 20 anni.
Entrambe le fonti sono autorevoli, i 4 mila morti sono dichiarati dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea). Il mezzo milione di morti da un gruppo di ricercatori che hanno lavorato su incarico di gruppi del parlamento europeo, di Greenpeace e fondazioni mediche in Gran Bretagna, Germania, Ucraina e Scandinavia.
Il rapporto è stato visto e descritto dal quotidiano inglese The Guardian e fonti di lingua italiana hanno ripreso la notizia come La Stampa e Swiss info. In breve il rapporto è presente sul sito di Greenpeace oppure in lingua inglese è presente il rapporto lungo.
In questo anniversario segnalo altre fonti che si occupano di affermare la pericolosità del nucleare tramite numeri: Liberazione, Ticino on line.
Vari autori tra cui il sottoscritto tengono aggiornala la catastrofe di Chernobyl su wikipedia, segnalo un parte significativa e nascosta di quel testo che vede pure il mio contributo e che ho pubblicato come voce a se stante dal titolo Chernobyl che descrive i danni a lungo termine dell'incidente.
In particolare sembra certa la cifra di 270 mila casi dei soli tumori fra Ukraina, Bielorussia e Russia collegabili a Chernobyl. 93 mila riguardano persone destinate al decesso. Ma i tumori sono solo una delle tante malattie provocate dalla radioattività e dai radioisotopi. Ci sono inoltre gli aborti e ci sono le malformazioni. Poi ci sono i morti al di fuori delle tre nazioni più colpite.
Il problema della radioattività è che spesso si usano stime per contare i decessi in quanto la scienza non è in grado di comprendere se un tumore o una malattia è stata causata dalla radioattività o meno. Per esempio il giornale Ticino on line dice: «Secondo stime basate sui valori empirici rilevati a Hiroshima e Nagasaki, in Svizzera bisogna contare su un aumento di circa duecento decessi per cancro dovuti al'incidente di Chernobyl»
I morti causati dalla bomba atomica americana su Hiroshima sono pari a 200 mila ed è chiaro che siamo su queste cifre.
Oltre ai decessi le maestre e i professori ci ripetono che i bambini e i ragazzi di Chernobyl si stancano molto facilmente e sono di salute cagionevole. A lezione perdono facilmente la concentrazione stancandosi in fretta. È una constatazione di molti docenti che anche il livello intellettivo sia più basso in questi sfortunati ragazzi. Credo che anche questo vada messo nel computo del danno delle radiazioni. Anche se non sono aspetti misurabili si tratta pur sempre di sofferenza umana. È una o più generazioni segnata dall'incidente, i loro figli non si sa come saranno.
Il banner a fianco è una locandina tratta dallo speciale di Greenpeace su una mostra fotografica dedicata anche alla catastrofe. «Il fotografo Robert Knoth, insieme alla giornalista Antoinette de Jong e in collaborazione con Greenpeace, ha realizzato quattro reportage fotografici in altrettante aree colpite da incidenti e contaminazioni nucleari dell'ex Unione Sovietica. A vent'anni dal disastro di Cernobyl, la mostra evidenzia come questa tragedia non abbia rappresentato un fatto isolato e si inserisce nel dibattito attuale sulla necessità di garantire l'approvvigionamento energetico per il futuro».
Leucemia sui bambini
Secondo diversi studi chi abita nelle vicinanze di centrali atomiche ha più probabilità di vedere i propri figli ammalarsi di leucemia. L'ultimo studio che conferma altri studi riguarda la Germania, l'università di Magonza per conto dell'Ufficio federale per la protezione dalle radiazioni ha rilevato che in un raggio di 5 Km dalla centrale si sono ammalati di leucemia 37 bambini con età inferiore ai 5 anni contro una previsione di 17.
La notizia è stata riportata dalla "Sueddeutsche Zeitung" e in Italiano dall'agenzia AGI (qui).
I ricercatori affermano:
«Il nostro studio ha confermato che esiste un legame tra la vicinanza di un'abitazione ad una centrale nucleare e l'insorgenza del cancro, in particolare della leucemia, in bambini di età inferiore a cinque anni»
Quel che si evince dalle fonti di informazione è che altri studi rilevano questa dipendenza e che l'università di Mongoza abbia confermati gli studi precedenti.
Secondo uno degli autori dello studio, il rischio accresciuto per un bambino di venire colpito dal cancro è reale anche in un raggio di 50 km dal reattore nucleare.
Facendo una ricerca degli articoli epidemiologici che analizzano il numero di decessi per leucemia rispetto alla media, si trovano diversi risultati oltre la media.
Per esempio nell'impianto nucleare di Krümmel si è trovato un tasso molto più elevato della media di bambini sotto i 5 anni morti per leucemia. Uno studio conferma perdite radioattive dalla centrale: «Exceptional elevation of children's leukemia appearing 5 years after the 1983 startup of the Krümmel nuclear power plant, accompanied by a significant increase of adult leukemia cases, led to investigations of radiation exposures of the population living near the plant.»
Un cluster di leucemie infantili si trova pure a Sellafield dove si trova un impianto nucleare. Per avere una casistica completa si cerchi con Google/Scholar.
Molti impianti nucleari sono stati esaminati e nella maggior parte dei casi non si sono trovati risultati anormali.
ci SONO materiali fertili sostitutivi;
sono 1,6 Km2 e non m2
Tommaso il 14 marzo 2009 con il titolo: x Gaspare.
mi spiace risponderti così, ma di fronte all'arroganza del tuo post non posso fare altrimenti.
Il nucleare, come tutte le tecnologie, presenta svantaggi e vantaggi; si può prediligere gli uni o gli altri, ed essere quindi a favore o contro, ma spacciare chiacchiere come verità scientifiche è un'altra cosa.
Le imprecisioni iniziano nella prima pagina:
il nucleare copre ben il 16 % del fabbisogno mondiale
(come indicato nel sito dell'enel, http://www.enel.it/attivita/ambiente/energy/doc/Economist_nucleare_18-09-07.pdf),
quasi il triplo del valore da te indicato. Inoltre, quando parli dell'energia in Europa "dimentichi" di dire che il nucleare copre il 30% (avete capito bene, 30%!!!!) dell'energia elettrica prodotta
(fonte wiki: http://it.wikipedia.org/wiki/Abbandono_dell%27energia_nucleare).
Comodo per poi tirare le proprie conclusioni no?
Tra l'altro la decisione di abbandonare il nucleare in Germania è vecchia, del 2001, e ora c'è un dibattito molto acceso sul fatto.
Anche nella seconda non si scherza:
1) l'uranio finirà: verissimo, ma non esistono altri elementi, detti fertili, che possono essere utilizzati nei reattori; impossibile non citarlo.
3) Chernobyl NON era considerata sicura al proprio tempo: era fatta in un modo che privilegiava la semplicità costruttiva alla sicurezza, ed inotre il reattore è esploso a causa dell'incompentenza delle persone che lo operavano. Bisogna certo riflettere sulle cause del disastro, ma usandolo come spauracchio si strumentalizzano anche le sue vittime!
4) anche sui costi tante parole... meglio basarsi sui fatti: in Italia l'imposizione fiscale sui redditi personali è al 43%, contro il 40% della Francia
(http://www.businessonline.it/news/7421/tasse-sulle-imprese-in-italia-tra-le-piu-alte-in-europa-confronto-con-altre-nazioni.html),
e l'energia costa circa il 20% in meno
(http://www.qualetariffa.it/energia-elettrica-bolletta-italia-e-altri-paesi-europei/)
i conti, fatti secondo la tua logica, non tornano proprio.
7) parlare della scarsezza dell'acqua è per lo meno fuori luogo: quella che si userebbe non è di certo potabile, e l'Italia è ricchissima di corsi d'acqua naturali... tra l'altro queste centrali possono operare in ciclo chiuso.
La terza pagina è forse la peggiore, perchè si usano piccole inesattezze per creare un quadro confuso:
la centrale in questione, in Nevada, occupa 1,6 m2, è costata 266 milioni di dollari e produce 64 MW
(fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Nevada_Solar_One)
ora, le nuove centrali producono 1650 MW a reattore, e di solito sono almeno 3. DI quelle del Nevada ne servirebbero circa 75. Fatti tutti i conti non pare un investimento molto efficacie, no? Senza contare il problema degli spazi.
Rubbia è un grande fisico, ma la parola "ipotetico quadrato" descrive molto bene lo sviluppo attuale del progetto: sicuramente interessante, ma inadatto a dare una risposta ora. Un conto è dimostrare che una cosa funziona, un conto è creare un impianto affidabile, su cui poter contare. Gli investimenti nel campo non mancano perchè manchi la voglia di innovare, mancano perchè mancano le certezze di sviluppo.
Tra l'altro, il fatto che produrre una cosa in serie abbassi i costi in modo determinante, senza bisogno di altro, è un mito; le cose si iniziano a produrre in serie quando si scopre il modo di produrle economicamente. Insomma è il contrario.
Sulla proposta di fare le centrali in Africa e poi portare l'energia qui... beh non credo ci sia nulla da aggiungere.