Aggiornamento
6 apr 2006: Alcune frasi di eminenti personalità petrolifere
soprattutto dell'area Golfo Persico e in particolare dell'Arabia
Saudita, primo paese produttore di petrolio al mondo e amico di vecchia
data degli USA e quindi dell'Europa.
Stiamo prelevando troppo petrolio dai giacimenti dice Ghazi Al-Rawi, responsabile di una banca di investimenti del Golfo:
Ancora più significativa la dichiarazione di Al-Husseini, ex capo della produzione della Saudi Aramco (la compagnia petrolifera nazionale araba):
Sta forse dicendo che ci saranno rapidamente problemi di approvvigionamento di greggio agli attuali tassi di crescita?
ha dichiarato l'ex-ministro del petrolio saudita Zaki Yamani ad una conferenza del Centre for Global Energy Studies a Londra.
Tratto da: petrolio.blogosfere.it che riporta le fonti: fonte1, fonte2.
Aggiornamento 6 mag 2006: Più volte e in tutte le reti e i TG nazionali è stata fatta l'ipotesi che il prezzo di 100 dollari al barile è in prospettiva possibile. Ho anche letto che la benzina verde attualmente ha un costo di quasi 1.40 € e che durante la crisi petrolifera degli anni '70 aveva un costo attualizzato (la super) di circa 1.90 €. Mancano ancora 50 centesimi a quesi prezzi.
Economisti parlano di 135 $ al barile per avere gli stessi prezzi del petrolio degli anni settanta (prezzi attualizzati). Allora si andava a piedi, oggi a 135 dollari si andrà a piedi? Ne dubito ma potrebbe essere. La domanda è: quanto siamo in grado di reggere? Qual è il prezzo del greggio che convincerà la gente a usare meno petrolio?
Seguendo le indagini o le curiosità che Debora Billi di petrolio/Blogosfere raccoglie è interessante notare come i primi segni di cedimento dello stile di vita occidentale si stiano verificando: in USA si impegnano gioielli di famiglia per avere i soldi per fare un pieno, in rete cominciano a girare catene per boicottare la Esso per avere la benzina meno cara, si fanno veglie di preghiera per avere il carburante più economico, gli studenti dell'Idaho donano il sangue per avere i 20 dollari per fare un po' di benzina e molte atre chicche.
Gli Usa sono molto colpiti dal caro carburante perché i trasferimenti lavorativi sono facilmente di 100 Km e con i SUV che si ritrovano (magari a benzina che fanno 5 Km con un litro) spendono delle belle cifre solo per andare a lavorare.
Aggiornamento 5 lug 2006: Petrolio/Blogosfere pubblica un testo interessante sulla produzione petrolifera dell'Arabia Saudita, l'autore è il presidente dell'ASPO Ugo Bardi:
«Arriva da Reuters una notizia che richiede un certo lavoro di interpretazione. A firma di Peg Mackey e Janet McBride, si intitola "I tagli dei Sauditi mostrano che il petrolio a prezzi record sfida la logica del mercato". Si domandano le autrici come sia possibile che, con i prezzi del petrolio così alti, i Sauditi abbiano "osato" (testualmente) ridurre la produzione. L'Arabia ha prodotto, in maggio, solo un briciolo in più di 9 milioni di barili al giorno, nettamente meno dei circa 9,5 milioni che erano la regola fino a pochi mesi fa e ben di meno della capacità dichiarata del Paese, 11,3 milioni di barili al giorno.»
Come ipotizza Bardi è plausibile che i sauditi abbiano superato il picco e che si andrà nei prossimi mesi e anni con produzioni via via calanti. Sembra verosimile che i 9.5 milioni di barili al giorno siano il picco dell'Arabia Saudita e che sia stato superato. Essendo il paese arabo leader petrolifero è immaginabile che anche la produzione mondiale del petrolio sia al suo vertice in questi anni (plateau).
Aggiornamento 16 lug 2006: Gli economisti o gli ambienti finanziari si occupano di mostrare il lato economico della questione petrolio. Affermano ripetutamente che più sale il prezzo del petrolio più sono gli stimoli per trovare nuovo petrolio. La banca di investimenti AbaxBank che pubblica settimanalmente una analisi finanaziaria sui grandi giornali italiani va in controtendenza e pubblica una analisi chiamata "Peak Oil".
A questo link di Repubblica si trova l'analisi (ma è pubblicata anche da altri siti finanaziari) che merita la lettura. Alessandro Fugnoli, strategist Abaxbank riporta la sua opinione, per ogni punto riporto in corsivo la mia opinione:
L'autore conclude dicendo: «Casualmente un taglio di 1.3 milioni di barili corrisponde a circa il 5% della loro produzione e, sempre casualmente, e' un tipico tasso di "depletion" post picco.»
Aggiornamento 13 set 2007: Il petrolio ha raggiunto gli 80 dollari al barile (WTI) senza che siano avvenuti fatti catastrofici ma in una normale settimana di settembre. L'Opec aveva deciso nei giorni scorsi un aumento della produzione di mezzo milioni di barili al giorno, inoltre l'AIE stima una riduzione dei consumi petroliferi per quest'anno e per il prossimo.
Pare che i paesi non Opec abbiano ridotto la loro produzione di petrolio e che l'aumento Opec non compensi la diminuzione.
Non ostante questo il prezzo ieri è salito oltre gli 80$ e oggi è arrivato a 80.20$ al barile, evidentemente il mercato è poco sensibile alle decisioni dell'Opec e alle analisi dell'AIE.
Interessante è l'articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa intitolato "Petrolio tra quattro anni l'inizio della fine" che riassume i vari lati della questione tra cui l'affermazione «Quando lavoravo per le compagnie mentivo sui dati, faceva parte del gioco» avverte lo stesso Campbell per svelare i retroscena del risiko delle statistiche e delle stime avviato dalla British Petroleum (BP).
Aggiornamento 17 nov 2007: Alcuni anni fa avevo scritto: "Per dare una idea della nostra dipendenza dal petrolio, soprattutto per contrastare la mentalità consumistica e dell'usa e getta, riporto un brano tratto dal giornale swissinfo:
«Attualmente, una bottiglia da 1,5 litri pesa 30 grammi. Quelle di Coca Cola, a titolo di confronto, pesano 104 grammi. Per produrre un chilogrammo di PET (polietilene teraftalato) sono necessari quasi due chili di petrolio greggio.»"
Adesso leggo sul blog di ASPO Italia che alcuni industriali sono in difficoltà a produrre oggetti usa e getta per via dell'alto costo del petrolio e chiedono ai ricercatori dei sistemi alternativi per produrre gli stessi oggetti. In particolare hanno intenzione di usare le biomasse per la produzione di plastica. Ugo Bardi è un ricercatore (professore universitario) che ha partecipato a questi colloqui e nel blog di ASPO immagina la seguente risposta da dare agli industriali:
Aggiornamento 7 apr 2008: Alla tv, su RAI3 in una trasmissione di qualche giorno fa e condotta da Corrado Augias su un tema che non ricordo, Augias si è lasciato sfuggire le parole che più o meno dicevano questo:
Stiamo prelevando troppo petrolio dai giacimenti dice Ghazi Al-Rawi, responsabile di una banca di investimenti del Golfo:
«L'attuale domanda
fuori
controllo non è buona per noi.
Quando hai questo tipo di domanda, sei costretto a produrre oltre
la quantità ottimale, è questa non
è una cosa positiva»
Ancora più significativa la dichiarazione di Al-Husseini, ex capo della produzione della Saudi Aramco (la compagnia petrolifera nazionale araba):
«Sono in grado i produttori di affrontare una crescita
della domanda di 2 milioni di barili al giorno? È in grado
l'Arabia
Saudita di tenere il passo con tale domanda? Saremo costretti a trovare
una fonte di energia alternativa molto rapidamente»
Sta forse dicendo che ci saranno rapidamente problemi di approvvigionamento di greggio agli attuali tassi di crescita?
«I prezzi
rimarranno alti finché i maggiori consumatori non
si renderanno indipendenti dal petrolio,
specialmente da quello dell'area del Golfo»
ha dichiarato l'ex-ministro del petrolio saudita Zaki Yamani ad una conferenza del Centre for Global Energy Studies a Londra.
Tratto da: petrolio.blogosfere.it che riporta le fonti: fonte1, fonte2.
Aggiornamento 6 mag 2006: Più volte e in tutte le reti e i TG nazionali è stata fatta l'ipotesi che il prezzo di 100 dollari al barile è in prospettiva possibile. Ho anche letto che la benzina verde attualmente ha un costo di quasi 1.40 € e che durante la crisi petrolifera degli anni '70 aveva un costo attualizzato (la super) di circa 1.90 €. Mancano ancora 50 centesimi a quesi prezzi.
Economisti parlano di 135 $ al barile per avere gli stessi prezzi del petrolio degli anni settanta (prezzi attualizzati). Allora si andava a piedi, oggi a 135 dollari si andrà a piedi? Ne dubito ma potrebbe essere. La domanda è: quanto siamo in grado di reggere? Qual è il prezzo del greggio che convincerà la gente a usare meno petrolio?
Seguendo le indagini o le curiosità che Debora Billi di petrolio/Blogosfere raccoglie è interessante notare come i primi segni di cedimento dello stile di vita occidentale si stiano verificando: in USA si impegnano gioielli di famiglia per avere i soldi per fare un pieno, in rete cominciano a girare catene per boicottare la Esso per avere la benzina meno cara, si fanno veglie di preghiera per avere il carburante più economico, gli studenti dell'Idaho donano il sangue per avere i 20 dollari per fare un po' di benzina e molte atre chicche.
Gli Usa sono molto colpiti dal caro carburante perché i trasferimenti lavorativi sono facilmente di 100 Km e con i SUV che si ritrovano (magari a benzina che fanno 5 Km con un litro) spendono delle belle cifre solo per andare a lavorare.
Aggiornamento 5 lug 2006: Petrolio/Blogosfere pubblica un testo interessante sulla produzione petrolifera dell'Arabia Saudita, l'autore è il presidente dell'ASPO Ugo Bardi:
«Arriva da Reuters una notizia che richiede un certo lavoro di interpretazione. A firma di Peg Mackey e Janet McBride, si intitola "I tagli dei Sauditi mostrano che il petrolio a prezzi record sfida la logica del mercato". Si domandano le autrici come sia possibile che, con i prezzi del petrolio così alti, i Sauditi abbiano "osato" (testualmente) ridurre la produzione. L'Arabia ha prodotto, in maggio, solo un briciolo in più di 9 milioni di barili al giorno, nettamente meno dei circa 9,5 milioni che erano la regola fino a pochi mesi fa e ben di meno della capacità dichiarata del Paese, 11,3 milioni di barili al giorno.»
Come ipotizza Bardi è plausibile che i sauditi abbiano superato il picco e che si andrà nei prossimi mesi e anni con produzioni via via calanti. Sembra verosimile che i 9.5 milioni di barili al giorno siano il picco dell'Arabia Saudita e che sia stato superato. Essendo il paese arabo leader petrolifero è immaginabile che anche la produzione mondiale del petrolio sia al suo vertice in questi anni (plateau).
Aggiornamento 16 lug 2006: Gli economisti o gli ambienti finanziari si occupano di mostrare il lato economico della questione petrolio. Affermano ripetutamente che più sale il prezzo del petrolio più sono gli stimoli per trovare nuovo petrolio. La banca di investimenti AbaxBank che pubblica settimanalmente una analisi finanaziaria sui grandi giornali italiani va in controtendenza e pubblica una analisi chiamata "Peak Oil".
A questo link di Repubblica si trova l'analisi (ma è pubblicata anche da altri siti finanaziari) che merita la lettura. Alessandro Fugnoli, strategist Abaxbank riporta la sua opinione, per ogni punto riporto in corsivo la mia opinione:
- non esistono problemi immediati
- ci sono possibilità concrete che
ci siano problemi immediati, per esempio nel secondo mondo ci sono
attualmente problemi per avere l'energia che è sopra le
possibilità finanziarie di quelle persone.
- in caso di recessione globale potremo benissimo vedere prezzi più bassi degli attuali, ma non di molto
- è sbagliato parlare di bolla e di ritorno imminente ai prezzi medi degli ultimi dieci anni
- il petrolio che si estrarrà sarà (è già) di qualità decrescente (sempre più acido e sempre più pesante)
- i costi di raffinazione, di conseguenza, saliranno
- i paesi produttori esigeranno royalties crescenti
- i costi di estrazione saliranno ancora, sia per l’inaccessibilità dei nuovi campi, sia per l’inflazione dei costi delle infrastrutture
- petrolio e gas non convenzionali richiederanno investimenti colossali e consumeranno a loro volta enormi quantità di energia (l’Energy Recovered Over Energy Invested, EROEI, sarà di poco superiore all’unità)
- con un EROEI di poco superiore
all'unità il petrolio non è usabile, perché una
fonte energetica sia sfruttabile deve avere un EROEI molto superiore
all'unità. Per esempio il petrolio ha EROEI di 10-100, gli
aerogeneratori eolici di 20. Fare affidamento sul petrolio con EROEI
pari a 2 come nel caso delle sabbie bituminose canadesi è un
grossolano errore imho.
- il non convenzionale richiederà quindi prezzi finali molto alti (grosso modo dai valori attuali in su)
- analisi sbagliata se si basa sul punto precedente.
- oltre al Peak Oil c’è anche, forse, il Peak Uranium (il prezzo dell’uranio è del resto passato in tre anni da 15 a 45 dollari l’oncia)
- se si parla di uranio 235 allora
c'è sicuramente anche il peak uranium. Se il primo mondo si
appoggerà sull'uranio 235, il picco sarà tra pochi anni.
- il nucleare serve solo per l’elettricità e le automobili elettriche sono ancora molto lontane
- dipende se i cittadini hanno o avranno i soldi per comprarsi la benzina o meno.
- ci sarebbe anche il plutonio, ma i paesi che ne controllano la produzione non vogliono disseminarlo (proliferazione nucleare) e avrebbero enormi problemi di consenso a utilizzarlo a casa loro
- il plutonio ha enormi potenzialità energetiche (uranio 238).
- i problemi di consenso per il nucleare rimarranno grandi in Occidente
- i problemi di consenso per il non convenzionale e l’alternativo cresceranno velocemente
- in primisi l'energia eolica
- le prospettive per il carbone sono brillanti, ma i problemi di consenso, già alti, cresceranno ancora
- il gas liquido sarà una discreta soluzione parziale, ma a costi più elevati di quanto non si pensi oggi
- le soluzioni strategiche per la seconda parte del secolo o appaiono quasi morte sul nascere (idrogeno) o godono di finanziamenti ancora ridicoli (fusione nucleare)
- alla fine soluzioni relativamente soddisfacenti verranno trovate, ma questo richiederà un prezzo dell’energia elevato e (si spera ordinatamente) crescente, in modo da rallentare la crescita dei consumi e accelerare la ricerca di soluzioni non convenzionali e alternative
- sono decenni che la ricerca avanza eppurre la soluzione al petrolio non è stata trovata, in caso di recessione la ricerca avrà meno finanziamenti.
Kensan.it
L'autore conclude dicendo: «Casualmente un taglio di 1.3 milioni di barili corrisponde a circa il 5% della loro produzione e, sempre casualmente, e' un tipico tasso di "depletion" post picco.»
Aggiornamento 13 set 2007: Il petrolio ha raggiunto gli 80 dollari al barile (WTI) senza che siano avvenuti fatti catastrofici ma in una normale settimana di settembre. L'Opec aveva deciso nei giorni scorsi un aumento della produzione di mezzo milioni di barili al giorno, inoltre l'AIE stima una riduzione dei consumi petroliferi per quest'anno e per il prossimo.
Pare che i paesi non Opec abbiano ridotto la loro produzione di petrolio e che l'aumento Opec non compensi la diminuzione.
Non ostante questo il prezzo ieri è salito oltre gli 80$ e oggi è arrivato a 80.20$ al barile, evidentemente il mercato è poco sensibile alle decisioni dell'Opec e alle analisi dell'AIE.
Interessante è l'articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa intitolato "Petrolio tra quattro anni l'inizio della fine" che riassume i vari lati della questione tra cui l'affermazione «Quando lavoravo per le compagnie mentivo sui dati, faceva parte del gioco» avverte lo stesso Campbell per svelare i retroscena del risiko delle statistiche e delle stime avviato dalla British Petroleum (BP).
Aggiornamento 17 nov 2007: Alcuni anni fa avevo scritto: "Per dare una idea della nostra dipendenza dal petrolio, soprattutto per contrastare la mentalità consumistica e dell'usa e getta, riporto un brano tratto dal giornale swissinfo:
«Attualmente, una bottiglia da 1,5 litri pesa 30 grammi. Quelle di Coca Cola, a titolo di confronto, pesano 104 grammi. Per produrre un chilogrammo di PET (polietilene teraftalato) sono necessari quasi due chili di petrolio greggio.»"
Adesso leggo sul blog di ASPO Italia che alcuni industriali sono in difficoltà a produrre oggetti usa e getta per via dell'alto costo del petrolio e chiedono ai ricercatori dei sistemi alternativi per produrre gli stessi oggetti. In particolare hanno intenzione di usare le biomasse per la produzione di plastica. Ugo Bardi è un ricercatore (professore universitario) che ha partecipato a questi colloqui e nel blog di ASPO immagina la seguente risposta da dare agli industriali:
«Signori, perdonatemi se vi interrompo, ma qui c'è un equivoco. La vostra discussione non sta considerando un punto fondamentale, e questo è il concetto di ritorno energetico. Al momento, vi può sembrare che la biomassa costi meno del petrolio, ma questa è un'illusione dovuta ai sussidi monetari che si danno all'agricoltura. Il costo reale della biomassa va contato in termini di energia, non di moneta. Si dice che un prodotto agricolo per un'unità di energia incorpori in media dieci unità di energia dai combustibili fossili. Non so se è un calcolo esatto, ma non può essere troppo sbagliato. Data questa situazione, è impensabile sostituire il petrolio con la biomassa, perlomeno agli stessi prezzi. Soprattutto è impensabile per farne prodotti usa-e-getta come le bottiglie di plastica. Se permettete un'altra osservazione, a mio parere usare la parola "biomassa" è un'offesa nei riguardi dell'infinita varietà di piante e animali di questo pianeta che non sono stati creati per farne bottiglie di plastica usa e getta.»In realtà non ha detto questo al tavolo ma ha ringraziato e si è congratulato con tutti prima di andar via. Comunque gli industriali hanno detto al tavolo che sono in difficoltà e che rischiano di perdere quote di mercato se aumenteranno i prezzi, d'altronde se non lo fanno vanno in rosso.
Aggiornamento 7 apr 2008: Alla tv, su RAI3 in una trasmissione di qualche giorno fa e condotta da Corrado Augias su un tema che non ricordo, Augias si è lasciato sfuggire le parole che più o meno dicevano questo:
...siamo alla fine del petrolio e quindi occorre passare al nucleare.Le parole esatte non me le ricordo ma il concetto espresso che il petrolio è oramai finito era chiaro almeno a me.
avevo anche letto in passato che miniere di uranio erano state chiuse per via della bassa richiesta di uranio. Jolly Roger in un articolo parlava che esistono ancora molte riserve di uranio sotto terra non sfruttate e poi parlava anche di miniere da scoprire.
A parte la questione del peak uranium esiste la questione sollevata dal Times e cioè che se ci si mette a produrre energia elettrica intensivamente nel pianeta l'uranio basta per pochissimi anni, meno della durata di una centrale nucleare.
Grazie per il link a un articolo autorevole e molto interessante.
Ciao :)
Anonimo il 17 luglio 2006 con il titolo: uranio 235.
http://business.timesonline.co.uk/article/0,,9069-1735134,00.html
ciao
Fabiomas