𝒜lcuni
blog stanno attirando interesse in Rete trattando un solo argomento. Si
chiama nanopublishing o anche nano editoria o nano Blog
perché si tratta
di giornali on line verticali scritti da esperti sempre al corrente
delle ultime novità del settore.
Se guardate i siti di nano editoria vedrete che è continuo autoreferenziamento ("un caldo grazie a pinco che ci ha recensito", "un caloroso benvenuto ai lettori di pallino che ci ha rilanciato", etc).
I portali verticali (una volta si chiamavano così) che trattano argomenti tematici esistono da anni, sia di editori registrati che le e-zine (altro termine caduto nell'oblio) di semplici appassionati.
Poi sono arrivati i Blog, ovvero chiacchiere e meditazioni personali messe in condivisione (ma poi: ci interessa davvero tanto sapere che Mario Rossi, stamattina, in metropolitana, pensava già alle vacanze e ha saltato la fermata?).
Se poi Blog è una contrazione (di WebLog) perché i blogger non fanno una contrazione dei loro pensieri scrivendo poche righe al giorno? Sarebbe la dimostrazione che la capacità di sintesi - requisito fondamentale di chi fa giornalismo (ma loro rifulgono la professione) - si sarebbe impadronita della loro inarrestabile grafomania.
La facilità con la quale i propri pensieri viaggiano intorno al globo e la quantita di occhi e teste pensanti che possono raggiungere, ha creato l'illusione che ciò-che-scrivo sia realmente interessante.
Ma l'unico grido che si levava era quello di orrore per le loro pagine nere (o grigie) con decine di gif animate mal scontornate, effetti "pelo d'acqua increspata", anacronistici link "What's Cool" e desolanti "sito continuamente in aggiornamento, tornate spesso a visitarci". Se non siete novellini di internet li ricorderete anche voi.
Poi, tornando ai blog, da scrivo-i-pensieri-che-mi-frullano-in-testa si è passati a condivido-le-mie-passioni, cominciando così a riempire il globo di notizie tematiche che il più delle volte sono già presenti in qualche altro sito (pardon... blog; ops... nanoblog), innescando così un loop di link che potremmo paragonare ai "sei gradi di separazione", ovvero: quanto link ci vogliono per ritornare al mio blog.
La condivisione e compartecipazione dell'informazione, che ha trovato in Wikipedia il suo portabandiera, rischia di trasformarsi in prolissità del già-detto, mettendo a dura prova la pazienza di chi vuole informazione rapida e precisa.
E l'opportunità di appiccicarvi commenti, così come la tecnica di visualizzare le notizie in ordine di inserimento, è vecchia di almeno 5 anni. I commenti, già: date un occhiata al numero di commenti tra parentesi in coda ad ogni post: è sempre ZERO.
Perché ormai la gente non ne può più di dire la sua. Quasi tutti, in realtà: perché ci sono ancora quelli che scrivono blog...
Se guardate i siti di nano editoria vedrete che è continuo autoreferenziamento ("un caldo grazie a pinco che ci ha recensito", "un caloroso benvenuto ai lettori di pallino che ci ha rilanciato", etc).
I portali verticali (una volta si chiamavano così) che trattano argomenti tematici esistono da anni, sia di editori registrati che le e-zine (altro termine caduto nell'oblio) di semplici appassionati.
Poi sono arrivati i Blog, ovvero chiacchiere e meditazioni personali messe in condivisione (ma poi: ci interessa davvero tanto sapere che Mario Rossi, stamattina, in metropolitana, pensava già alle vacanze e ha saltato la fermata?).
Se poi Blog è una contrazione (di WebLog) perché i blogger non fanno una contrazione dei loro pensieri scrivendo poche righe al giorno? Sarebbe la dimostrazione che la capacità di sintesi - requisito fondamentale di chi fa giornalismo (ma loro rifulgono la professione) - si sarebbe impadronita della loro inarrestabile grafomania.
La facilità con la quale i propri pensieri viaggiano intorno al globo e la quantita di occhi e teste pensanti che possono raggiungere, ha creato l'illusione che ciò-che-scrivo sia realmente interessante.
Kensan.it
È già successo con la creazione dei siti personali: la facilità tecnica di registrare un dominio, affittare uno spazio, create grafica e sito, ha illuso milioni di ragazzini smanettori di essere diventati grafici e comunicatori di grido.Ma l'unico grido che si levava era quello di orrore per le loro pagine nere (o grigie) con decine di gif animate mal scontornate, effetti "pelo d'acqua increspata", anacronistici link "What's Cool" e desolanti "sito continuamente in aggiornamento, tornate spesso a visitarci". Se non siete novellini di internet li ricorderete anche voi.
Poi, tornando ai blog, da scrivo-i-pensieri-che-mi-frullano-in-testa si è passati a condivido-le-mie-passioni, cominciando così a riempire il globo di notizie tematiche che il più delle volte sono già presenti in qualche altro sito (pardon... blog; ops... nanoblog), innescando così un loop di link che potremmo paragonare ai "sei gradi di separazione", ovvero: quanto link ci vogliono per ritornare al mio blog.
La condivisione e compartecipazione dell'informazione, che ha trovato in Wikipedia il suo portabandiera, rischia di trasformarsi in prolissità del già-detto, mettendo a dura prova la pazienza di chi vuole informazione rapida e precisa.
E l'opportunità di appiccicarvi commenti, così come la tecnica di visualizzare le notizie in ordine di inserimento, è vecchia di almeno 5 anni. I commenti, già: date un occhiata al numero di commenti tra parentesi in coda ad ogni post: è sempre ZERO.
Perché ormai la gente non ne può più di dire la sua. Quasi tutti, in realtà: perché ci sono ancora quelli che scrivono blog...